L’arma segreta dell’Ucraina: il branding
“Essere coraggiosi è il nostro marchio; diffonderemo il nostro coraggio nel mondo.”
— Volodymyr Zelens’kyj
“Perché si parla di più della guerra in Ucraina che di altre guerre?” È una domanda legittima e che ormai è sulla bocca di tanti dalla fine di febbraio ad oggi. Legittima, ma un tantino superficiale, se posso permettermi. Perché la risposta, anzi le risposte, sono abbastanza ovvie: la prossimità fisica innanzitutto — è ovvio che la notizia di un morto sul pianerottolo o nel palazzo ci colpirà sempre di più rispetto ad un morto in un altro quartiere. Ma non solo. C’è una risposta a questa domanda che ancora non è stata presa in considerazione come meriterebbe, ed è il know-how comunicativo. Mentre si è fatta notevole analisi dell’impiego dei social media da parte di Volodymyr Zelens’kyj (una nozionistica adottabile anche da realtà meno strutturate della presidenza ucraina; basti pensare all’uso nefasto ma efficacissimo che ne è stato fatto dall’ISIS per il reclutamento di adepti in tutto il mondo), poco si è detto in merito all’apparato di branding alle sue spalle. Per quanto infatti possa suonare cinica la mia ipotesi, se riflettiamo su cosa (tra le altre) differenzi l’Ucraina dall’Afghanistan o dalla Siria, la risposta è che l’Ucraina ha ottime agenzie di comunicazione. Realtà strutturate, che vincono premi internazionali, e che hanno sedi multiple, a Kyiv come a Los Angeles, lavorando con i più grandi marchi al mondo, utilizzando le strategia di marketing più all’avanguardia e gli strumenti di grido del momento. Se poi lo scopo della pubblicità è creare necessità dove non ve n’è, la chiamata alle armi dei comunicatori ucraini ha comportato un brief tutto nuovo e quasi antitetico: comunicare la necessità; di armi, di risorse, di beni di prima necessità.
Immaginare ragazzi come noi, comunicatori di professione (gente generalmente non violenta, ecco), ritrovarsi in guerra da un giorno all’altro, doversi reinventare, voler dare, a proprio modo e con i propri strumenti, un contributo alla causa nazionale. All’indomani dell’attacco russo, mi precipitai a verificare se ci fossero notizie da parte di una delle mie agenzie di comunicazione preferite in assoluto, Banda – ucraina appunto – e da allora ne ho seguito ogni attività, quotidianamente al fianco del proprio governo. Per capirci, Banda è davvero una delle agenzie indipendenti più fighe al mondo, premiata Agency of the Year nel 2018, vincitrice di un Cannes Lion nel 2017 e partner di brand come Uber, Spotify, Netflix, Eurovision, Puma e Pepsi, among others. Chiaramente un manipolo di geniali simili fa comodo averli a portata di gabinetto durante una guerra. Per capire quanto, basta scorrere il loro profilo Instagram, contando che l’agenzia da sola conta 66,4mila follower. Ed è infatti proprio a Banda che il governo ucraino si è rivolto per la creazione di una nuova campagna che sapesse capitalizzare sulla nuova immagine del paese, al fine di attrarre sostegno internazionale. Lo hanno fatto ricostruendo la Brand Value Proposition della nazione ucraina su un unico asset: il coraggio; che nel caso di questa campagna rappresenta anche l’unico patrimonio di esportazione. Si chiama Brave e verrà promossa in quindici paesi (tra cui l’Italia), con pubblicità esterna OOH e social media, in collaborazione con il Ministero della Transizione Digitale. Brevi video, poster, adesivi e merchandising open-source a disposizione di chiunque, per promuovere il core value del brand nazionale. “Essere coraggiosi è il nostro marchio; diffonderemo il nostro coraggio nel mondo,” dice Zelens’kyj nella landing dedicata alla campagna sul sito presidenziale, rimandando il visitatore a brave.ua, portale digitale del coraggio ucraino e casa della campagna. Qui si incontra il cuore pulsante della comunicazione bellica, pulito, elegante, forte, come i propri messaggi.
When the war started,
the world gave us three days.
We gave the world a chance to see
what Ukrainian bravery is.
Ukrainians have become
the bravest nation in the world.
Now they quote us, look up to us, get inspired,
and give us a standing ovation.
Not only politicians and governments,
but also common people.
Today all humanity knows
that bravery is to be Ukraine.
E poi filtri Instagram e un link Dropbox pubblico, dal quale si possono scaricare poster a disposizione per download e stampa in solidarietà al popolo ucraino, applicativi per merchandising e wearables. Un vero e proprio kit di solidarietà attiva per partecipare alla resistenza ucraina, che non poteva mancare anche di una open call a creativi e artisti del pianeta per dare ill proprio contributo alla causa della Liberazione. Ma anche iniziative di cross selling, come nel caso della “maglia più coraggiosa del mondo”, realizzata in partnership con la European League of Football, il cui ricavato sarà devoluto alla Banca Nazionale Ucraina e nello specifico ai sostegni umanitari, con la specifica che “gli Ucraina Braves sono una squadra virtuale, mentre il coraggio ucraino, supportato dalla federazione, è molto reale”.
Che meraviglia quando questo mestiere viene messo a disposizione delle cause più nobili, vero?
Insomma, dichiarare guerra ad un paese come l’Ucraina significa anche dichiarare guerra ai suoi creativi e ai suoi pubblicitari, professioni affini agli uffici di spionaggio e di propaganda bellica che, è risaputo, spesso sono in grado di fare la differenza tra vittoria e sconfitta. I social poi, lo ripetiamo da anni – e in tempo di pace – ai nostri clienti, non sono un giochino divertente, ma vanno saputi usare e con criterio, per fare la differenza e non campare alla giornata, asciando la propria attività fine a se stessa. Il momento storico che stiamo vivendo dovrebbe renderlo molto chiaro, quanto la comunicazione contemporanea, pervasiva e globale, sia diventata fondamentale nella gestione fin delle relazioni internazionali e faccia una reale differenza nella quotidianità di ogni cittadino. Quanto faccia la differenza, nella nostra percezione, tra Damasco e Kyiv, ad esempio. Purtroppo.
Giulio Rubinelli
Creative Director no panic agency
Brand Language Director no panic & act